DDL 1211-1412 DEL 6/10/20010. FIGLI NATURALI E FIGLI LEGITTIMI, PRIMI COMMENTI



Commento dell'Avv. Elisabetta Mantovani al nuovo disegno legge del Senato in tema di filiazione naturale


FIGLI NATURALI E FIGLI LEGITTIMI

UN’ALTRA PROPOSTA PONTE CHE NON UNISCE

Nuovo deliberato del Senato (DISEGNO LEGGE N. 1211-1412 DEL 6/10/20010) volto a dirimere le incongruenze della normativa in tema di filiazione naturale e che, nonostante l’intento, lo stesso intervento della legge 08/02/2006 n. 54 lasciavano intatta la differenza di trattamento nella regolamentazione della potestà genitoriale tra figli naturali e figli legittimi in ipotesti di cessazione di convivenza dei genitori: un tentativo di equiparazione in termini legislativi che già all’epoca della l. 54/06 si pensava di aver risolto con il disposto all’art. 4 della medesima legge ove se ne prevedeva l’applicazione anche "ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati". Tentativo di fatto fallito sul campo, non attuabile per gli operatori del diritto, stante l’incongruità del sistema normativo in cui veniva ad inserirsi.

All’epoca infatti erano stati lasciati intatti gli artt. 317 bis c.c. e l’art. 38 delle disp.att. del c.c. che impedivano di fatto agli interpreti di realizzare l’equiparazione di trattamento in termini sostanziali e processuali tra figli legittimi e figli naturali.

Nuovo tentativo attuale da parte del Senato che, come di consueto purtroppo, operando con il sistema del "taglia e cuci" invece che in un contesto di riforma organica dell’intera materia, interviene apportando modifiche all’esistente, perdendo di vista l’organicità del sistema normativo in essere e creando così delle nuove "sbavature" che impediscono di fatto lo stesso realizzarsi del principio di uguaglianza ispiratore dell’intervento.

Nello specifico oggi accade che il Senato abbia deliberato che non sarà più il padre ad adottare i provvedimenti urgenti e indifferibili qualora sussista un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, con l’abrogato del IV comma dell’art.316 c.c.: e ciò valga per figli legittimi e naturali. Nulla da dire.

Si pone mano inoltre alla svista della legge n. 54/2006, modificando quindi all’art. 317 bis c.c., richiamando quanto di fatto già la precedente legge aveva solo esplicitato, senza però riuscire a renderla fattiva operativamente, l’equiparazione del trattamento tra figli legittimi e naturali, stabilendo al III comma che, "…..se i genitori non convivono si applicano in quanto compatibili gli artt. 155, 155 bis, 155 ter, 155 quater, 155 quinquies, 155 sexies e 156."Ricorderemmo che già la legge N. 54/2006 prevedeva l’applicabilità di tali norme ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, (unica aggiunta esplicitata il richiamo dell’art. 156 che la legge 54/2006 non avrebbe invece richiamato), ma non aveva inciso sulle norme sostanziali in tema di potestà regolamentata appunto dall’art. 317 bis. c.c. in ipotesi di non convivenza dei genitori di figli naturali.

Questa volta si riesce anche a porre mano all’art. 38 disp. att. c.c. sottraendo alla competenza del Tribunale per i Minorenni la cognizione dei "procedimenti di status" ex art. 250, 252, 262 e 264 c.c., nonché ai procedimenti afferenti all’esercizio della potestà dei genitori di cui agli artt. 316 c.c.e 317 c.c.-, cosicché unico giudice per la regolamentazione dei rapporti in termini di affidamento per figli naturali e legittimi diventa il Tribunale ordinario.

La singolarità che segnaliamo tuttavia è lo stabilire una procedura diversa e distinta da quella già regolamentata con riguardo alla filiazione legittima, prevedendo che "nei procedimenti in materia di affidamento e mantenimento dei minori si applica in quanto compatibile l’art. 710 c.p.c.": cosicché ai sensi degli artt. 708 e ss. c.p.c. per i rapporti afferenti ai figli legittimi quando si separano i genitori, si effettuerà la comparizione dei genitori avanti un Presidente, con l’emanazione di provvedimenti provvisori, con un ascolto del minore e un’istruttoria condotta da un G.I., mentre i rapporti afferenti i figli naturali, in base alla nuova formulazione, andranno invece "gestiti" da un collegio, in camera di consiglio ex art. 710 c.c.

Con buona pace di tutti gli interventi degli operatori del diritto che hanno tentato, attraverso l’individuazione anche di prassi virtuose, di rendere il procedimento in camera di consiglio in tale materia il più rispondente possibile a garanzie di contraddittorio ed istruttorie avanti al Tribunale per i minorenni, gravato del particolare procedimento camerale nel suo operare nella materia del 317 bis c.c..

Potrà bastare il richiamo della disposizione transitoria ove impone il rispetto delle garanzie costituzionali del giusto processo ai giudizi pendenti avanti al Tribunale per i Minorenni alla data di entrata in vigore della legge, in quanto compatibile l’art. 710 del codice di procedura civile?

Se si ritiene necessario questa postilla significativa, che noi operatori del diritto ben comprendiamo essendo ancora vivo il dibattito sul procedimento in Camera di Consiglio e compatibilità dello stesso con le norme del giusto processo, perché ancora oggi il Legislatore "innovatore" dovrebbe imporci un procedimento più volte oggetto di critiche, avvalorando di fatto una discriminazione procedurale con un intervento legislativo che doveva essere volto addirittura ad eliminare ogni differenza di trattamento tra filiazione legittima e filiazione naturale?

L’Osservatorio del Tribunale per i minorenni di Venezia proprio in questi giorni sta concludendo i lavori che hanno visto impegnati avvocati, magistrati e operatori dei servizi, insieme per individuare delle prassi condivise che rendessero l’attuale procedura ex art. 317 bis, la più confacente agli interessi delle parti nel rispetto del principio del contraddittorio anche in sede istruttoria, che non sempre il procedimento in camera di consiglio di per sé è in grado di garantire. Un lavoro a questo punto non inutile visto che di fatto anche avanti al Tribunale ordinario ci troveremo di fronte agli stessi problemi procedurali, per volere del nostro legislatore "innovatore", quando si discuterà di affidamento di figli naturali.

Per inciso, osserviamo ancora che questo modo disorganico di interventi in una materia tanto delicata produce degli inconvenienti singolari: si veda ad esempio che l’estensione dell’art. 155 c.c. ai figli naturali senza incidere sulle altre norme di diritto sostanziale regolanti la stessa filiazione naturale, comporta l’inutilità di puri richiami di principio di uguaglianza: stabilito che debbano essere "conservati rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale" richiamando anche per i figli naturali l’art. 155 c.c., ci si dimentica però che lo stesso Legislatore lascia intatto ancora una volta l’art. 258 c.c. I comma che non riconosce alcuna parentela, se non in norme specifiche, tra il figlio naturale e i parenti del genitore che lo abbia riconosciuto, tant’è che il figlio naturale, a tutt’oggi e anche dopo l’intervento del Senato, il figlio naturale è figlio del genitore ma non è parente di nessuno.

Ancora una volta ci chiediamo se invece di interventi disarmonici "a singhiozzo" non potessimo confidare in una definitiva riforma che, anche fosse ritardata, fosse almeno ben meditata ed organica.

Di "proposte ponte" in attesa dell’istituzione di un Tribunale di famiglia con competenze specifiche nella materia, se così fatte, non ne avremmo bisogno ed anzi non fanno che creare più danno in un settore dove comunque oggi il lavorio degli Osservatori e di chi davvero frequenta le aule di giustizia, adoperandosi nell’individuazione di prassi virtuose ma condivise volte a dirimere le attuali incongruenze legislative, si sono adoperati e si stanno adoperando fattivamente a rendere razionali le procedure per evitare gli effetti negativi dell’incoerenza dei dettati legislativi di cui pare affetto anche l’intervento odierno del Senato.

 

Avv. Elisabetta Mantovani

Vicepresidente della Camera Civile Veneziana

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